Ci vediamo al pozzo?
Proviamo ad immaginare di passeggiare nei campi di Venezia e di non trovare più alcun pozzo con la sua “vera”, costruzione lapidea sovrapposta alla “canna”: parrebbe una distesa vuota, dove le prospettive della città sarebbero completamente alterate e le altezze dei palazzi risulterebbero diverse.
Le “vere da pozzo”, termine tipicamente veneziano, che sopraelevate di uno o più gradini si ammirano nei campi veneziani, sono spesso opere d’arte e rappresentano la parte terminale di un’opera ben più complessa che si trova sotto il livello del selciato.

Venezia, Campo Santi Giovanni e Paolo, vera da pozzo
I pozzi, con le loro vere, rappresentavano e rappresentano un piccolo mondo nel tessuto urbano di Venezia di cui costituiscono un delicato e ricco ornamento. E mentre nel tempo che fu attorno ai pozzi si raccoglievano le donne che attingevano l’acqua o il viandante assetato, oggi essi vedono i ragazzini giocare attorno e arrampicarsi, le persone appoggiarvi la spesa per rispondere al cellulare, gli amici darsi appuntamento… i pozzi, insomma, sono ancora un elemento di vita e di riferimento.

Venezia, Museo Querini Stampalia, vera da pozzo
Venezia “è aqua et non ha aqua” (Marin Sanudo)
Il pozzo veneziano era una vera e propria cisterna sotterranea di acqua potabile, che veniva filtrata dalla massa di sabbia posta in un bacino reso impermeabile da uno strato di argilla che si estendeva per tutta la superficie di un campo o di una corte e che veniva raccolta attraverso la “canna” centrale formata da speciali mattoni detti “pozzali”. Ai capi contrada era dato l’incarico di custodire le chiavi per aprirlo due sole volte al giorno, al suono della cosiddetta “campana dei pozzi”. Dopo la siccità del 1540 La Serenissima emanò il decreto per lo scavo del canale Seriola fino ai margini della laguna a Fusina, in modo da poter approvvigionarsi di acqua dolce in caso di necessità. Addetti a questo lavoro erano gli “acquaroli” uniti in corporazione fin dal XIV secolo con un proprio altare nella chiesa di San Basilio e con una sede sociale della Scuola in un edificio presso il campanile nel campo antistante. L’acqua poteva essere venduta anche in piccole quantità dai venditori ambulanti i cosiddetti “bigolanti”.
Girando per la città possiamo trovare delle vere da pozzo stupende, come quella in campo Santi Giovanni e Paolo lavoro del XV secolo, qui portata da palazzo Corner a San Maurizio con lo stemma della famiglia scolpito sul fianco; o quella in marmo rosso di Verona realizzata nel 1427 da Bartolomeo Bon splendidamente decorata con ricco fogliame gotico nel mezzo del cortile della Ca’ d’Oro; o quella più piccola ma deliziosa vicino a Palazzo Widman in Campielo del Pestrin (lattaio) 1712 sotto un’antica vite pentifoglia; o quella non lontano dal rio terà della Maddalena in corte del Volto Santo raffigurante un buffo volto scolpito sulla pietra con bizzarro cappello (alcuni mercanti lucchesi fondarono una pia società con il nome di “Volto Santo” cioè con con lo stesso del prodigioso crocefisso venerato a Lucca). Altre due vere sorprendenti per bellezza sono quelle che si trovano nel cortile di Palazzo Ducale, le uniche in bronzo finemente cesellate.

Venezia, Palazzo Ducale, vera da pozzo, dettaglio
Vi sono poi pozzi “nascosti” all’interno di corti private e non accessibili dalla pubblica via, o addirittura collocati all’interno di edifici; e ci sono pozzi dotati di un singolare meccanismo per poter portare l’acqua ai piani superiori delle case, o ancora pozzi collocati al livello superiore degli edifici per raccogliere l’acqua nella cisterna sottostante.
L’acqua è vita e quindi il pozzo è vita: la vera che abbellisce il pozzo è la bellezza della vita!
Martina Luccarda
BestVeniceGuides
martinaluccarda@alice.it