Storie di una città Resistente: Venezia

Apr 25, 2017curiosità e tradizioni veneziane, donne, personaggi illustri, società, storia, turismo0 commenti

Il 25 Aprile non è solamente la festa di San Marco e del bocolo.

Festeggiare il santo patrono ha enorme importanza per la nostra comunità di residenti e anche per chi visita Venezia, ma per me il 25 aprile ha anche un significato storico unico e prezioso legato alla Liberazione dal nazifascismo, avvenuta qui tra il 28 e il 29 aprile 1945. Dev’essere stato inebriante ed emozionante vedere il cambiamento di quei giorni: le feste, le danze, la gioia dipinta sui volti di chi c’era.

“Noi due brillanti di rosso” un libro di Serena D’Arbela

Ho ascoltato recentemente a questo proposito i racconti di Serena D’Arbela, testimone di quei tempi e autrice del libro Noi due brillanti di rosso, presentato all’Ateneo Veneto, in Campo San Fantin il 27 marzo 2017, in questo luogo fondamentale degli ultimi duecento anni di storia a Venezia, conosciuto in passato con il nome di Scuola dei Picai.

Venezia, Ateneo Veneto

Venezia, Ateneo Veneto

Serena D'Arbela firma una copia del suo libro a un lettore illustre nella sala Tommaso dell'Ateneo Veneto

Serena D’Arbela firma una copia del suo libro a un lettore illustre nella sala Tommaso dell’Ateneo Veneto

Serena e la sorella gemella Valeria sono state testimoni della vita quotidiana di Venezia sia durante il secondo conflitto mondiale che nel dopoguerra, in una città così effervescente e vivace, solidale e pronta a mobilitarsi. Valeria – scrittrice ed esperta di cinema, la sorella artista, ricordata nel 2008 con una mostra a Ca’ Pesaro. Erano studentesse al liceo Marco Foscarini di Venezia, un altro centro importantissimo per la storia dell’antifascismo locale, poi all’Università di Padova. Il loro papà Felice era un medico dell’ospedale San Giovanni e Paolo, ebreo di origine russa convertito al cattolicesimo, un uomo sensibile e aperto, la mamma Marcella era cattolica, proveniva da una famiglia che aveva papi e prelati tra i propri antenati ed era rimasta vedova prima di conoscere il dottor Felice, aveva portato le teorie di Maria Montessori nel Sud dell’Italia ed era ammirata da Giuseppe Lombardo Radice.

Il nonno paterno di Valeria e Serena era un ebreo russo ed era stato il medico del sultano a Zanzibar e amico di Edmondo Rotschild, la nonna era ungherese, donna colta e di valore. Il padre Felice era nato a Gerusalemme e aveva avuto un’infanzia molto particolare. Uno degli zii paterni delle gemelle fu un famoso latinista a Firenze, l’altro un ingegnere delle Ferrovie.

Durante la seconda guerra mondiale anche nel centro storico di Venezia c’erano gli allarmi, la paura delle bombe, le voci dei tedeschi delle SS e della Guardia Nazionale Repubblicana: era una città grigia e nera.

Il 26 luglio 1944, nell’anniversario della caduta di Mussolini, scoppiò un ordigno a Ca’ Giustinian, dov’era la sede del Comando della Guardia Nazionale Repubblicana, incaricato di rastrellamenti e sevizie ai prigionieri per conto dei tedeschi. Per rappresaglia furono uccisi dei giovani partigiani attivi nella zona di San Donà di Piave, i quali non erano responsabili dell’attentato poiché erano nel carcere di Santa Maria Maggiore. Furono fucilati sulle rovine per vendetta e tra loro c’era Francesco Biancotto.

Venezia, Ca' Giustinian

Venezia, Ca’ Giustinian

Oggi si può leggere una lapide a loro dedicata vicino all’hotel Bauer, nella calle dei Tredici Martiri.

Calle dei Tredici Martiri. Lapide posta a ricordo degli antifascisti uccisi nel luglio del 1944

Calle dei Tredici Martiri. Lapide posta a ricordo degli antifascisti uccisi nel luglio del 1944

Serena nel suo libro ricorda dei conoscenti ebrei, proprietari di un bel negozio di abbigliamento vicino a Piazza San Marco, scomparsi improvvisamente dalla città nel dicembre 1944 e deportati. Di loro tornò solo un componente della famiglia. Scrive dei cinema veneziani e degli allarmi di possibili bombardamenti, delle SS in Piazza San Marco, dei racconti dei bombardamenti in terraferma.

Racconta anche la famosa beffa del Goldoni, avvenuta in una sera di marzo del 1945, durante la recita di una commedia di Pirandello, Vestire gli ignudi. Alcuni partigiani entrarono sul palco, mascherati e armati: erano Kim Arcalli, Cesco Chinello e Ottone Padoan detto Michele. Un altro di loro di nome Giovanni Citton gridò: “Nessuno si muova! Se in teatro c’è spia e traditore fascista venga fuori che riceverà piombo partigiano!”

Venezia, la facciata del Teatro Goldoni

Venezia, la facciata del Teatro Carlo Goldoni

Le luci si accesero sul palco e Cesco lesse un proclama secondo il quale la Liberazione era vicina ed era necessario lottare uniti per schiacciare il nazifascismo. Gli altri componenti del commando lanciarono dei volantini, mentre gli spettatori restarono immobili ai loro posti. Tra loro c’erano molti ufficiali italiani e tedeschi. Fu un’azione lampo diventata celeberrima tra i veneziani.

Venezia, Lapide in ricordo della beffa del Goldoni all'interno del teatro

Venezia, Lapide in ricordo della beffa del Goldoni all’interno del teatro

Kim diventò in seguito un attore con il regista Tinto Brass e poi un famoso montatore e con vari registi a Roma, tra i quali Scola, Antonioni e Bertolucci. Infatti scrisse la sceneggiatura di Ultimo tango a Parigi e Novecento.

Nel dopoguerra, nel Palazzo delle Prigioni vicino al ponte della Paglia era attivo il centro culturale dell’Arco, dove si organizzavano mostre, conferenze, concerti e dove partecipò alla sua prima mostra anche Valeria D’Arbela. Ad esempio qui fu esposta una riproduzione fotografica di Guernica di Picasso.

Venezia, Il Palazzo delle Prigioni

Venezia, Il Palazzo delle Prigioni

Personaggi di rilievo della vita culturale di Venezia erano Arnaldo Momo, Sara Tagliapietra, Luigi Ferrante, Giovanni Poli, Giuseppe Santomaso, Sara Campesan, Emilio Vedova (il cui nome da partigiano era Barabba) e Luigi Nono.

I giovani di allora leggevano tantissimi libri, soprattutto di autori stranieri, proibiti durante il fascismo. Ascoltavano il jazz, i Concerti Brandeburghesi di Bach, danzavano il boston, il valzer, il tango, il fox-trot e il boogie-woogie.

Valeria conobbe anche Peggy Guggenheim nel Palazzo diventato museo dopo la sua morte e andò a vivere sulla Fondamenta Ca’Balà nello studio di Ezra Pound, dopo il matrimonio con il critico Luigi Ferrante.

Per un certo periodo le due sorelle frequentarono anche la sede veneziana del Partito Comunista Italiano, che nel dopoguerra era in calle del Dose vicino a San Maurizio. Parteciparono al Festival della Gioventù a Berlino. Nonostante i loro genitori fossero contrari, presero parte attiva all’attività politica anche in terraferma.

Serena racconta molto bene l’atmosfera della Guerra Fredda, racconta della tesi di laurea scritta su Porto Marghera, le difficoltà nel trovare lavoro anche allora, negli anni ’50 finché arrivò il 1956 e iniziò a vacillare la fede di Valeria e Serena per il comunismo ortodosso.

Interessante ricordare che Serena diventò segretaria dell’Associazione Italia-URSS ed invitò a Venezia scrittori come Ilja Erenburg, Viktor Nekrasov, Nikolaj Zabolockij. Lei sposò Primo de Lazzari detto Bocia, attivo nella Resistenza del Veneto ed ebbe come testimone di nozze Enrico Berlinguer.

Ca' Giustinian, sede della Biennale. Entrando da un ingresso laterale si accedeva all'Associazione Italia-Urss

Ca’ Giustinian, sede della Biennale. Entrando da un ingresso laterale si accedeva all’Associazione Italia-Urss

Molte persone citate in questo libro sono a me familiari. Mi risulta quindi particolarmente gradito portarvi a conoscere i luoghi della Resistenza veneziana non solo quando si festeggia l’Anniversario della Liberazione. Questo post si riallaccia anche a quello pubblicato dalla collega Luisella Romeo un anno fa, dedicato al monumento alla Partigiana di Augusto Murer. Se desiderate, potremo anche andare a Villa Heriot alla Giudecca, dove ha sede l’Iveser (Istituto Veneziano per la Resistenza).

Le Best Venice Guides sono liete di condurvi in visite guidate suggestive e inusuali, alla scoperta della Venezia del Novecento per uno sguardo sulla città diverso, legato alla sua gente e non solo ai monumenti famosi in un’ottica di salvaguardia della memoria storica della città.

Stefania Colecchia
BestVeniceGuides
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