L’orto giardino del convento del Redentore di Venezia
Situato all’isola della Giudecca, è un orto giardino tra i più grandi di Venezia ed è ancora vissuto dai frati Cappuccini (ramo dei Francescani) – si veda l’articolo di Loredana Giacomini “I giardini di Venezia” – come circa 500 anni fa.
L’area dell’orto-giardino è delimitata a nord dall’abside della Chiesa del Redentore e da Santa Maria degli Angeli, la prima chiesetta dei Cappuccini e l’unica in loro proprietà, e sconfina a sud con la laguna che si mostra, con le isole, in tutta la sua bellezza.
I frati sono quantitativamente diminuiti rispetto al passato, ma sia l’orto che il giardino del convento esistono ancora come pure molte tipiche coltivazioni veneziane.
Meno frati significa anche meno possibilità di coltivare, meno prodotti e una conseguente trasformazione del terreno.

scorcio del vialetto del giardino; alla sinistra è visibile lo spazio erboso con presenze arboree senza coltivazioni di alcun tipo
L’immensa splendida carciofaia presente fino ad alcun anni fa è ora adattata alla diminuzione di mano d’opera. I carciofi, di cui noi veneziani andiamo tanto fieri, sono in tutte le aree coltivate della laguna perché tra i migliori in Italia, grazie al terreno sabbioso delle isole. E al Redentore, nonostante la drastica riduzione di questa pianta, i carciofi sono sempre tanti e belli da vedere, date le grandi dimensioni del terreno.
Alla Giudecca c’erano e ci sono tuttora molti giardini (anche se spesso non visitabili) ed in passato in ognuno erano presenti le more da rovo; ad una delle feste più popolari di Venezia, quella del Redentore appunto, le more venivano vendute su foglie di vite ai numerosi veneziani e pellegrini.
Questa usanza è ora sparita e con essa la coltivazione delle more. Nel giardino del convento abbiamo però ancora qualche pianta di more da rovo
e addirittura le more di un bellissimo gelso.
L’olivo, già presente nella mitologia con vari significati, non manca mai in un monastero o convento perché simbolo di pace e riconciliazione almeno da quando la colomba portò un ramoscello d’olivo a Noè dopo il diluvio universale.
Al Redentore ci sono ben due uliveti che garantiscono ancora ai frati l’olio prezioso.
L’olio non più distribuito alle chiese veneziane per le lampade permanenti o per il crisma (l’olio sacro benedetto usato per i sacramenti) è spremuto ora esclusivamente per uso interno.
Nell’orto sono presenti molti alberi da frutto: per es. ci sono tre tipi diversi di peri (Abate, Williams e di S. Pietro).
C’è qualche fico,
il noce di cui in passato si utilizzava tutto, guscio e mallo compresi, qualche albicocco, alcuni ciliegi e l’immancabile giuggiolo, pianta tipica e diffusa nelle nostre isole lagunari che, crescendo poco in altezza e lentamente, trattiene i venti;
produce un frutto non molto noto in Europa, la giuggiola, che matura in autunno avanzato.

alcune giuggiole, non ancora mature, con le loro foglie; a maturazione i frutti diventano di un bel marrone bruciato
(È squisita anche sotto grappa, ma questa non è -che io sappia- tradizione del convento…).
E poiché bisogna pensare anche all’inverno quando la frutta scarseggia, c’è qualche melograno
i cui frutti sono duraturi oltre ad essere fortemente simbolici (la molteplicità dei semi rimanda a fertilità ricchezza e generosità) e ci sono pure gli alberi che fanno frutti da marmellata. Tra questi l’amoler o brombolo o rusticano, l’albero dai molti nomi a seconda della regione.

ecco gli amoli, frutti sempre meno conosciuti e venduti, ma ancora usati nelle campagne per le marmellate
In un orto-giardino veneziano, specie se di convento, non può mancare la vite, che qui produce uva bianca e nera in abbondanza, non tutta coperta e protetta poiché per i Francescani gli uccelli sono creature del Signore e qualcosa si lascia pure a loro…
Tra le piante introdotte di recente un kiwi rigoglioso, subito ambientato nell’orto, fa bella mostra di sè lungo il refettorio.
File di cipressi fanno da sentinella al giardino e molti altri alberi ed arbusti ornamentali si sono bene adattati al nostro difficile suolo salato come i pittosfori, gli evonimi, i bagolari, i lecci, i gelsi a foglie di platano, i tigli, ecc.
In giardino abbiamo inoltre un esemplare di albero, il ginkgo biloba, la cui specie, ritrovata in Asia nel Settecento quando si pensava fosse ormai estinta, è considerata la più vecchia al mondo risalendo all’epoca dei dinosauri.
La sua foglia per la forma a due lobi uniti ha sempre affascinato studiosi e poeti tra cui Goethe che le ha dedicato una bella poesia donata ad una delle sue muse, Marianne von Willemer.
A me piace ampliare il significato di questa foglia biloba per es. al contesto in cui si trova e quindi all’unità dell’uomo con la natura, o con Dio, oppure per estensione con valore per tutti, all’unità nella diversità tra due persone (amici, parenti, famigliari ecc.), unità-diversità che ciascuno di noi sperimenta nei molteplici rapporti della vita.
Questa foglia ha però anche proprietà sfruttate in erboristeria, cosmetica e farmacia.
Mancano invece le altre piante medicinali di cui è rimasto solo qualche vago ricordo, nonostante fossero fondamentali finché la farmacia era attiva. E’ rimasta la bella di notte, la cui radice veniva usata come importante purgante per “evacuare il ventre”.
Fu chiamata così non solo perché i fiori si aprono verso sera, ma anche perché -in epoche di non ibridazioni- particolarmente decorativa con i suoi petali spesso naturalmente screziati.
Rimando il racconto dei fiori e delle rose del convento e mi limito a citare solo alcuni ortaggi come i pomodori,
l’insalata, le zucche,
le zucchine,
le melanzane, i peperoni, i cetrioli, i rapanelli e le erbe aromatiche.
Devo confessare che qualche volta, di fronte alla tranquillità ed al silenzio di questo luogo, alla bellezza ed alla pace che diffonde, quasi quasi mi ci trasferirei come giardiniera…
Loredana Giacomini
BestVeniceGuides
loredanagiacomini@gmail.com