Il Mulino di San Girolamo a Venezia
Al tempo della dominazione austriaca, negli anni in cui gli Asburgo facevano costruire il ponte translagunare e la stazione ferroviaria sul Canal Grande, funzionava a pieno ritmo a Venezia, a pochi passi dal Ghetto ebraico, uno speciale mulino a vapore.
Verso la metà dell’Ottocento, in conseguenza della rivoluzione industriale, la macchina a vapore non era già più una novità.
A rendere questo mulino unico nel suo genere contribuiva innanzitutto l’edificio: una grande chiesa sconsacrata con a fianco il suo campanile. Era appartenuta al convento di San Girolamo fino alle soppressioni napoleoniche; indemaniata e subito spogliata di tutti i suoi sacri arredi, era stata in seguito acquistata all’asta da Federico Oexle, un ricco imprenditore bavarese residente nell’elegante sestiere di San Marco.

Venezia, Chiesa di San Girolamo
Estremamente sorprendente era poi il macchinario installato all’interno: un mulino a cilindri metallici di brevetto svizzero, che due tecnici svizzeri, Hans Stucky e Gaspare Studer, avevano portato a Venezia nel 1841. Era questo macchinario a fare allora dell’opificio di San Girolamo il mulino più moderno d’Italia.
Da secoli, per macinare il grano si utilizzavano mole di pietra, dette palmenti. Era ancora così dappertutto o quasi, almeno in Europa.
A Venezia, invece, in questa vecchia chiesa suddivisa in cinque piani, con i robusti montacarichi che facevano salire grandi sacchi di frumento, i chicchi cadevano dall’alto per essere puliti, aerati, quindi macinati e rimacinati da moderni cilindri di metallo disposti ad altezze diverse. Il prodotto era una farina o una semola di alta qualità che, resistente ai lunghi viaggi, si poteva facilmente esportare in Paesi lontani quali il Brasile.
Durante i lunghi mesi dell’assedio austriaco e della resistenza eroica di Venezia nel 1848-49, il mulino di San Girolamo continuò a funzionare, grazie a Oexle e ai suoi collaboratori, macinando grano che arrivava in città di notte, di contrabbando. Robuste balle di cotone, accatastate tutt’intorno su alti ponteggi, lo proteggevano dalle bombe lanciate dagli assedianti, e una squadra di pompieri, per ordine di Daniele Manin, vigilava ventiquattr’ore su ventiquattro questa zona di Cannaregio.
Nel 1870 il mulino di San Girolamo chiudeva definitivamente i battenti.
Nel frattempo, Hans Stucky aveva affittato alcuni mulini nel Trevigiano e il suo primogenito Giovanni, con le competenze acquisite durante il suo lungo viaggio di formazione in Austria, Germania ed Ungheria, aveva iniziato ad aiutarlo in questa sua nuova avventura imprenditoriale.
Qualche decennio più tardi, Giovanni Stucky sarebbe diventato l’uomo più ricco di Venezia, dopo aver aperto alla Giudecca un grande stabilimento industriale capace di produrre fino a 2500 quintali di farina al giorno.

Venezia, Busto di Giovanni Stucky, collocato nel cortile del suo celeberrimo mulino della Giudecca, ora hotel a 5 stelle
Il mio racconto finisce qui.
Se vi è venuta la curiosità di conoscere la storia del mulino di Giovanni, oggi hotel Hilton Molino Stucky, vi consiglio di leggere La Dinastia Stucky di Lavinia Cavalletti, che ha ispirato questo mio post.

Venezia, Il Mulino Stucky
Se invece vi è venuta voglia di visitare Venezia e di ascoltare altre storie poco conosciute come questa, potete sempre contattare noi guide di BestVeniceGuides: sarò lieti di proporvi itinerari insoliti e segreti in questa nostra città, unica ed irripetibile
Donatella Frezza
BestVeniceGuides
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