Giuseppe Jona: un cittadino veneziano esemplare durante gli anni bui del Novecento

Gen 20, 2020personaggi illustri, storia0 commenti

 

Il mio racconto di oggi è molto diverso dalla rappresentazione letteraria del Ghetto di Venezia come luogo della memoria dell’ebraismo italiano presente nelle descrizioni in chiave orientalista e decadente dei viaggiatori come Goethe, Lord Byron(che visitò il cimitero ebraico del Lido) o di René de Chateaubriand e Théophile Gautier o ancora del console William Howells, di Israel Zangwill, Rainer Maria Rilke e Cecil Roth.

Oggi vi presento il professor Giuseppe Jona (1866-1943).

Ritratto del professore Giuseppe Jona

Era il quarto di cinque fratelli, studiò al Liceo Marco Foscarini, si laureò in Medicina all’Università di Padova. Fece pratica all’Ospedale Civile di Venezia, conseguì la libera docenza in Anatomia a Padova, diventò Primario di Anatomia Patologica e Medicina Seconda.

 

Ospedale Santi Giovanni e Paolo, Venezia

Pianterreno dell’ospedale di Venezia, Santi Giovanni e Paolo

Non si sposò, ma visse per i suoi fratelli e nipoti, per i suoi colleghi e allievi, curò e aiutò economicamente molte persone di Venezia indistintamente, sia che fossero di religione ebraica, sia che fossero cristiani.

Si era distinto durante la Prima Guerra Mondiale per il servizio prestato in qualità di maggiore medico ausiliario presso la piazza marittima di Venezia. Fu anche Presidente dell’Ateneo Veneto e socio dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Era un medico filantropo molto famoso, soprannominato il medico dei poveri e di notte indossava un tabarro e un cappello che lo rendevano irriconoscibile per andare a curare gli ebrei nascosti in casa di cristiani, ma anche i non ebrei che non volevano rinunciare alle sue cure dopo che era stato interdetto dalla professione a causa delle leggi razziali del 1938.

Giuseppe Jona con i suoi studente e i colleghi, Venezia

Era andato in pensione prima delle leggi sopra citate. Fu anche docente di Anatomia Patologica presso la Scuola Pratica di Medicina e Chirurgia dell’Ospedale Civile di Venezia, fondata nel 1863.

Fu eletto Presidente della Comunità Ebraica dal giugno 1940 quasi all’unanimità, nonostante non fosse credente e non avesse frequentato la sinagoga. Non si tirò indietro e organizzò la nuova scuola dopo l’introduzione delle leggi razziali che si trovava vicino a calle del Remedio. Il rabbino era Adolfo Ottolenghi, ricordato in una lapide apposta sulla facciata dell’edificio della Comunità Ebraica, era quasi cieco e quindi non avrebbe potuto aggiornare le liste degli ebrei veneziani per procedere con la loro deportazione.

Il rabbino Ottolenghi aveva pubblicato studi storici sulla partecipazione degli ebrei al Risorgimento e alla Prima Guerra Mondiale, infatti nel Ghetto si commemorava ogni anno il bombardamento che gli Austriaci avevano effettuato sulla sinagoga sefardita detta Spagnola nell’agosto del 1849 con preghiere composte dal rabbino dell’epoca Abraham Lattes.

Anche la memoria della Prima Guerra Mondiale era celebrata dalla comunità ebraica di Venezia il giorno del 4 novembre pe ricordare i figli caduti e sottolineare il legame immaginato tra la comunità allo stesso tempo separata e distinta – ma anche integrata e assimilata – e l’Italia.

Campo del Ghetto Novo, Venezia

Nel 1941 il Gazzettino riportò il caso dell’arresto del rabbino di Kolosvar in Ungheria e augurava la stessa sorte a tutti gli ebrei del mondo. Jona aveva affrontato a viso aperto il direttore del giornale senza paura.

Molto significativo quanto Jona disse alle sue domestiche che gli offrivano di rifugiarsi in campagna dove non lo avrebbero mai trovato: Vi ringrazio, ma non posso perché nella mia vita non ho mai fatto un’azione nascosta. Avrebbe potuto emigrare in Svizzera, ma non lo fece, nonostante la sua agiatezza economica.

 Il suo suicidio fu un evento tragico per tutta la città, come ricorda lo storico Giannantonio Paladini, e fece percepire quanto pericolosa fosse la situazione agli altri cittadini ebrei.

Il registro in cui si legge della morte di Giuseppe Jona nel settembre 1943, Venezia

I gondolieri sfilarono silenziosamente in acqua in segno di riconoscenza perché era stato proibito partecipare al corteo funebre a più di dieci persone.

I tedeschi imputarono la sua decisione di suicidarsi al fatto che soffrisse di depressione. Si uccise iniettandosi una dose letale di morfina.

Giuseppe Jona scrisse il suo testamento il 14 settembre 1943 e morì esattamente tre giorni dopo: si tratta di un documento importante.

Testamento di Giuseppe Jona

Negli stessi giorni tre ebrei veneziani erano stati arrestati e rilasciati dai tedeschi senza essere identificati come “di razza ebraica”. La notizia del suicidio di Jona giunse mentre il rabbino Ottolenghi stava celebrando un matrimonio. I due sposi non tornarono a casa, dormirono all’hotel Rialto e il giorno dopo scapparono in Svizzera.

Non è secondario il momento in cui vengono rilasciati questi cittadini veneziani dopo la morte di Jona al fin di consentire la pacificazione degli animi, come racconta Elena Vanzan Marchini in una pubblicazione monografica pubblicata qualche anno fa che ha il merito di presentare un ritratto completo di questo cittadino.

Solo in dicembre i nazisti deportarono 163 ebrei, nottetempo, su ordine del questore di Venezia Cordova, ma il fascicolo a suo nome presso l’Archivio Centrale dello Stato risulta scomparso.

La sinagoga spagnola e l’iscrizione che ricorda la Shoah, Venezia

Lo storico Simon Levis Sullam racconta che la sera del 5 dicembre il pianista Arturo Benedetti Michelangeli avesse tenuto un concerto al Teatro La Fenice, mentre il giorno successivo allo stadio di Sant’Elena la squadra di calcio del Venezia disputò una partita. Apparente normalità e tragedia si sono sfiorate.

Troviamo a Venezia un edificio dedicato a questo cittadino illustre e lapidi a lui intestate sia all’interno dell’Ospedale Civile San Giovanni e Paolo (durante il periodo buio delle leggi razziali alcune lapidi dedicate a benefattori ebrei come i Treves de Bonfil erano state manomesse), sia nel cimitero Ebraico del Lido di Venezia e anche in Ghetto.

Iscrizione che ricorda Giuseppe Jona, Venezia

La casa di riposo israelitica in campo Ghetto Novo, Venezia

Personalmente ritengo che questi fatti vadano ricordati sempre, non solo in occasione della Giornata della Memoria, vi aspetto per eventuali visite guidate sulla storia di Venezia nel Novecento. Anche l’anno scorso ho pubblicato un post su questo periodo storico.

Telemaco Signorini, Il ghetto ebraico, 1870

Stefania Colecchia
BestVeniceGuides
www.yourguideinvenice.it

Translations: English Italiano