Al mercato di Rialto con… un pittore d’inizio ‘600
A Venezia lo chiamarono Todaro. Todaro come il primo Santo patrono della città, il quale con il drago ai suoi piedi osserva insieme al leone di San Marco dall’alto delle due colonne in Piazzetta il viavai dei turisti. In realtà il nostro pittore si chiamava Dirck de Vries e malgrado venisse chiamato spesso Todaro Fiamengo, fiammingo non fu. Karel van Mander, il Vasari olandese, riteneva che fosse della Frisia, quella vasta provincia verde e piana solcata da corsi d’acqua che collegano undici cittadine nel Nord degli attuali Paesi Bassi.
Possiamo solo immaginare cosa portò Dirck de Vries a stabilirsi a Venezia. La curiosità per l’arte dei grandi pittori veneziani di fine ‘500, Tiziano, Tintoretto, Veronese e i Bassano, e la speranza di fare un apprendistato o un periodo di collaborazione nello studio di uno di loro? Oppure fu l’amore per una veneziana? La presenza di una clientela facoltosa tra patrizi e benestanti, quali i mercanti tedeschi del Fontego e i fiamminghi, inoltre tra i giovanotti appartenenti all’élite del Nord Europa, che durante il loro Grand Tour in Italia a volte commissionavano dipinti “personalizzati”, senz’altro ha fatto sì che sia rimasto a Venezia a guadagnarsi da vivere, per se e per la sua numerosa famiglia. I “Granturisti” desideravano portarsi a casa un ricordo dell’allora già famoso Carnevale veneziano: a Roma andavano per il Natale e i Giubilei, a Firenze per lo Scoppio del Carro, a Venezia per divertirsi. Quindi Dirck de Vries si era specializzato in “Feste in maschera”, oltre che in “Cucine” e “Mercati”, dove si sbizzarriva in scenette di genere tipicamente olandesi, ma in un’ambientazione veneziana.
Fatto sta che dal 1584 abitò nella Parrocchia di Santi Apostoli, dove nacquero i figli, e dal 1600 circa in quella adiacente di San Giovanni Crisostomo, dove si sposarono le figlie e dove morì nel 1612. Quindi bastava che prendesse un traghetto per farsi portare al mercato e trovare i suoi soggetti preferiti: le bancarelle del pesce e della frutta e verdura. In quei giorni c’erano persino due traghetti: quello di Santa Sofia, che ancora oggi fa la spola sul Canal Grande tra il campo omonimo e la Pescheria. Allora ci fu anche il traghetto privato del prestigioso albergo di lusso “il Lion Bianco” situato nella Ca’ da Mosto, che portava gli ospiti al cuore pulsante di Venezia della Finanza, le Banche, le assicurazioni ed il commercio, cioè al Mercato di Rialto.

Dirck de Vries, Mercato delle verdure, New Hermitage di San Pietroburgo
Un mercato all’ingrosso e al minuto con ogni sorta di ortaggi, una grande abbondanza di cipolle, scalogni, rape, rafano, pastinache, cicoria, cavoli, cardi e carote. Avventori veneziani e “foresti”, nobili e massaie, servi e padroni, tutti frequentavano il mercato. In mezzo al trambusto il nostro pittore deve aver fatto gli schizzi preparatori da elaborare più tardi nel suo studio. Il bello è che si possono ancora riconoscere i luoghi. Vediamo tuttora la colonna a “bugnato” delle Fabbriche Nuove del Sansovino, il Canal Grande con le gondole, – benché allora coperte con il “felze” -, i Palazzi nobiliari di fronte, le bancarelle… Un pizzico dello spirito del luogo si respira ancor oggi…

Veduta da sotto le Fabbriche Nuove con colonna a bugnato, Rialto Venezia
Certo notiamo delle differenze, a cominciare dai molti prodotti, ora non più strettamente legati alle stagioni ed altri che ammiccano esclusivamente ai turisti. Qualche bottega ha chiuso i battenti, conseguenza del numero fortemente diminuito di residenti, di quelli che ancora vengono a fare la spesa e cucinano in casa propria. Il colore predominante della merce esposta oggi è il rosso ed il arancio, per via di pomodori, peperoni e mandarini, clementine ed arance.

Vista del mercato di Rialto da una bancarella, Venezia
Un tempo gli agrumi avevano un luogo di vendita a loro dedicato: la “Naranzeria”, accanto al Palazzo dei Camerlenghi, non molto distante. A cavallo del 1600 la frutta e verdura sulle bancarelle era tutto sommato a “chilometri zero”, come diremmo oggi. Benché le Americhe fossero state scoperte da oltre un secolo, patate, peperoni, pomodori e zucche non sono presenti nelle ceste del dipinto. L’abbondanza di verdura a foglia, rape e cipolle veniva allora dagli orti della Laguna.

Dirck de Vries, Mercato delle verdure, Rialto a Venezia, Cambi Casa d’Aste
Ora Dirck de Vries ci mostra una scenetta diversa in un altro angolo del mercato di Rialto. L’impressione è di vedere la “Ruga dei Oresi”, la strada degli Orefici che conduce al Ponte di Rialto. Il pittore ci ha collocato la vendita di frutta e con molta libertà ha inserito elementi architettonici osservati in facciata ad altri edifici poco lontani: le tre finestre a destra sovrastate da un piccolo frontone a timpano sono presenti sulle Fabbriche Nuove, mentre le finestre a sinistra sono come e dove sono, cioè sulle Fabbriche Vecchie. La tinta degli intonaci è tuttora esattamente la stessa. Ma cosa dire del campanile sullo sfondo? Sarebbe un bel punto di riferimento sicuro se ancora esistesse!

Ruga dei Oresi, Rialto, Venezia
Noi sullo sfondo di questa foto vediamo il campanile della chiesa di San Bartolomeo che si trova al di là del Ponte di Rialto. Un campanile barocco costruito intorno al 1750. Possiamo vedere il vecchio campanile del quadro di Dirck de Vries nella famosa Pianta del De’ Barbari del 1500 e poi in un dipinto del Canaletto del 1725 circa. La cuspide era slanciata e ottagonale. E così Dirck de Vries si rivela un vedutista ante litteram, che documenta la Venezia dei suoi giorni, anche se si permetteva qualche capriccio.

Pianta di De’ Barbari, dettaglio con il campanile di San Bartolomeo
Il gentiluomo dalle calze color fucsia e vestito elegantemente con il mantello nero drappeggiato con disinvoltura sopra una spalla occupa il centro della scena e impedisce la vista del Ponte di Rialto allora da poco completato. In primo piano ceste di pesche, pere dalle guance rosse, indivia (cicoria scarola) e zucche a fiasco a collo stretto.
E’ la zucca Lagenaria siceraria, unica zucca autoctona del Vecchio Continente, commestibile allo stato fresco, una volta matura ed essiccata utilizzata come borraccia dai pellegrini.

Zucca (Lagenaria siceraria) a borraccia
Il signore sta comperando un po’ di cicoria dalla fruttivendola dalla scollatura dipinta accuratamente, le porge un soldo tratto dal sacchetto portamonete. L’uomo in ginocchio accanto al suo canestro pieno di invidia, pardon, indivia gli offre due cespi per quel soldo…. La trama dei gesti e oggetti al centro della scena crea un gioco di suggestioni erotiche.

“Persici e cuche”: pesche e zucche, Capitello della frutta Palazzo Ducale, Venezia
Se i dipinti di Dirck de Vries hanno svegliato la curiosità in chi legge a scoprire gli scorci e le sensazioni del Mercato di Rialto, ad osservare con i propri occhi quella commistione di passato e presente tra edifici e bancarelle e hanno fatto venire la voglia di acquistare magari castraure, bruscandoli, finferli ed altre prelibatezze stagionali offerte sulle bancarelle, non resta che rivolgersi a una delle BestVeniceGuides, che con professionalità e passione illustrerà il luogo che quattrocento anni fa ha affascinato Todaro Fiamengo così tanto da farne il suo soggetto favorito.

Angolo tra Fabbriche Vecchie e Nuove, Rialto, Venezia
Ine Legerstee
BestVeniceGuides
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